Incorporare amore come filosofia di vita

“Incorporare è portare umilmente al corpo ancora e ancora quello che ascoltiamo, finché l’io si stanca e allora noi cambiamo, ci apriamo al non conosciuto.
Abitando il corpo e ascoltandolo profondamente riportiamo a galla una memoria comune a tutti.
Il sacro respiro che ci allaccia al mondo intero.”

Chandra Livia Candiani, Il silenzio è cosa viva: L’arte della meditazione

C’è un termine secondo il quale possiamo renderci conto se le nostre azioni hanno ruolo sanante per la comunità, ovvero quando sono mosse dall’amore. Questo in realtà non è solo il primo termine, ma anche l’ultimo, cioè il primo intento con cui le nostre azioni dovrebbero muoversi e dal quale dovrebbero partire; e l’ultimo, cioè il fine delle nostre azioni. Dall’amore dovrebbe sorgere e risorgere ogni nostro singolo pensiero e azione, e all’amore dovrebbero giungere. Un po’ come il ciclo dell’acqua: un ciclo di vita, morte e rinascita dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e delle nostre azioni.

Non sempre è facile agire in questo modo. Questa filosofia, o metafora esistenziale, viene dalle culture native di stampo sciamanico, ma molte tradizioni del mondo considerano questa visione delle cose assai importante. Partire dall’amore, da uno spazio amorevole da cui possiamo accedere dentro noi stessi è essenziale per rivolgersi al mondo.

Anche se i nostri pensieri non sono stati visti o percepiti dall’esterno, non significa che non possano influenzare il mondo. Talvolta le cose che non diciamo, le cose che non agiamo, le emozioni che non esprimiamo, possono avere una più grave conseguenza di quello che portiamo fuori, poiché potrebbero in tali casi (come per quello di rabbia acuta o della tristezza) corroderci dall’interno. E comunque non pensate che tutto questo non abbia conseguenza là fuori, poiché gli altri anche se non ne sono consci percepiscono ciò che c’è dentro di noi.

In realtà emaniamo tutto ciò che c’è dentro di noi, anche ciò di cui non siamo consci. Molto spesso infatti, basta semplicemente osservare un video, un’immagine in cui non siamo stati consapevoli di essere ripresi o fotografati, e rivederci; riconosceremo dei lati di noi che probabilmente nascondiamo e che emergono in modo naturale. Questo perché anche la parte più oscura di noi emerge anche se non ce ne rendiamo conto e talvolta agiamo proprio da uno spazio di ombra. Facciamo scelte, pensiamo, riflettiamo, da quello spazio. Eppure se fosse uno spazio di ombra consapevole, in cui sappiamo che stiamo agendo da lì, sarebbe molto diverso, perché sarebbero azioni di potere. C. G. Jung, infatti, diceva che l’80% della nostra ombra è oro; questo significa che nella nostra ombra risiede molto potere represso, nascosto, che non ci concediamo e che non portiamo fuori, e che se fossimo invece in grado di esprimere sarebbe luce non solo per noi, ma anche per gli altri. Agire da uno spazio d’amore significa anche riconoscere i nostri aspetti d’ombra.

Agire da uno spazio d’amore significa rendersi conto che siamo una molteplicità di sé che entrano in gioco in modo univoco, e mettere in accordo quelle parti significa riconoscerle e accoglierle. Non sempre è facile perché a volte ci fa paura ammettere i nostri sbagli, ammettere che non ci sentiamo bene, ammettere che non ci amiamo a sufficienza. Ma poi quando lo facciamo ci sentiamo subito bene, scatta un click di accettazione e accoglienza che fa sgorgare di nuovo amore, che fa scivolare nuovamente il torrente dell’amore, là dove avevamo messo delle dighe. Allora in quel caso agiamo e incorporiamo amore.

Virginia Woolf, scrittrice inglese, parlava di embodiement, ovvero incorporamento, nell’atto dello scrivere, cioè quando la scrittura si impregna di una narrazione (la cui origine è immaginifica, metafisica, appartenente ai reami della coscienza e del suo flusso), allo scopo di renderne manifesti i personaggi e possederne l’essenza. Quindi potremmo dire che l’atto di incorporare avviene quando siamo in grado di incarnare l’essenza di qualcosa, la incarniamo e la portiamo dentro, la rendiamo utile all’essere e all’esistenza.

In molte culture sciamaniche si incorporano gli spiriti e lo sciamano si fa veicolo, osso cavo per la possessione di forze archetipiche allo scopo di portare cura nelle sessioni o nelle cerimonie per l’individuo e per la comunità. Ecco, sappiamo bene che la vita è una cerimonia e se impariamo a incorporare l’amore facendola sgorgare da dentro, dalle nostre zone d’ombra non riconosciute, dal nostro cuore e dalla nostra pura essenza, allora impareremo ad essere sempre più noi stessi e questo è un atto di potere amorevole. È puro amore irradiato. Significa essere una lanterna per il mondo.

Incorporare amore quindi come filosofia di vita, non è nient’altro che essere se stessi e abbracciare il pianeta in tutte le sue molteplici forme. È un incontro con la vita stessa. È un nuovo passo nel sentiero che auguro a tutti di fare per il benessere di tutte le nostre relazioni.

E così ci rimettiamo in cammino
…al prossimo viaggio…

Alberto Fragasso

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