Esiste una rete di luce invisibile che connette tutte le cose, anche ciò che è distante e lontano.

La bellezza interiore è come una pepita d’oro custodita nel cuore di ogni singolo essere vivente. Questa pepita brilla di luce propria, sfavilla, e scintilla ogni volta che proviamo sentimenti avvolgenti, di calore per gli altri; ci approcciamo con amore; o semplicemente quando la nostra anima respira lontano dai drammi accesi dell’ego. Dare il permesso a questa di brillare, ci conferisce la possibilità di illuminare tutto ciò che ci circonda; e anche se riteniamo che possa appartenere solo a noi, in verità si tratta di un bagliore condiviso: bellezza che dimora dentro ogni essere senziente. Siamo un girotondo di anime, una collettività in cammino, e anche se non ce ne rendiamo conto, vi sono trame sottili che connettono tutte le cose. Non a caso certi eventi affiorano nel quotidiano. C’è sempre un rimando, una correlazione invisibile, una tessitura elementare che lega ogni singola coscienza; ma per la maggior parte del tempo non ne siamo consapevoli. Questo molto spesso ci conduce a lamentarci di fronte alle difficoltà o alle sfide – nulla di male in questo – ma ricordare che siamo sostenuti da un’intera rete di relazioni, può portare a un miglioramento della qualità della nostra vita.

Un dettaglio importante in questi casi è l’equilibrio tra il dare e il ricevere, e considerare che anche quando qualcosa di sgradevole accade; accogliere il momento, l’esperienza o l’evento in questione, rammentando che contiene un profondo insegnamento non soltanto per noi, ma anche per l’intera comunità; può aiutarci a cambiare prospettiva e a prendere forza. In termini nativi l’archetipo della comunità è composto non solo da tutte le persone che ci stanno attorno e con cui ci relazioniamo, ma anche da tutte quelle che non conosciamo, dal momento che ogni nostra singola azione ha una risonanza con tutto, con l’intero globo; noi siamo parte della comunità globale degli esseri viventi e dell’universo.

“Sii un segugio dell’amore: lo sciamano è come un cane da tartufo in grado di trovare l’amore sotto la superficie dell’ego”

L’apertura alla bellezza del mondo è fondamentale, è il nuovo sentiero, è ciò che permette di affrontare anche gli accadimenti di complessa densità della vita. Scovare come un cane da tartufo la bellezza contenuta nelle cose ci permette di meravigliarci e di scoprire che c’è un profondo insegnamento dietro ogni singolo avvenimento del nostro quotidiano.

Per fare questo dobbiamo accedere alle risorse del cuore, là dove ogni domanda trova risposta, ogni timore trova quiete e ogni dubbio viene fugato; là dove si può accedere davvero al grande contenitore di bellezza scintillante; quella pepita presente nell’essere, quella luce che ci lega alla trama sottile della realtà.

Ma un’altra domanda sovviene di fronte a tutto questo: perché ci separiamo costantemente da questa bellezza? Cosa nella mente ci divide da tutto questo? Da una prospettiva sciamanica è il costante bisogno di fare esperienza. Se fossimo ininterrottamente nella bellezza, saremmo perfetti e non potremmo mai sbagliare. Permettere che accada è umano; ma per sbagliare abbiamo bisogno di fare esperienza e concederci di essere imperfetti, in questo modo potremo compiere nuovamente il nostro viaggio immersi nella bellezza. Come nel nostro semplice quotidiano, dove nell’atto di respirare dilatiamo e contraiamo i polmoni; allo stesso modo ci allontaniamo e avviciniamo alla bellezza sacra del cosmo.

La consapevolezza poi è sempre un’ottima chiave di accesso a questa esperienza; insieme a un sano senso di gratitudine che svolge la funzione di aiutarci a osservare le cose da una prospettiva evolutiva, di riconoscere quale insegnamento celano gli accadimenti del vivere quotidiano.

“Cerca la luce che si cela dietro le cose e gli avvenimenti”

tratto da Alberto Fragasso, Il Tocco dello Sciamano, antichi insegnamenti sciamanici per l’uomo contemporaneo, Edizioni Amrita, 2019

L’altro elemento da considerare in questo processo è la relazione. Un fondamento esistenziale, poiché nell’osservare questa rete invisibile, comprendiamo che tutto è relazione. Mitakuye oiasin è una chiusa di cui si servono i Lakota per concludere le loro preghiere e prende il significato di dedica proprio a tutte le relazioni, perché letteralmente «ogni cosa è correlata». Ogni cosa è connessa alla rete di luce: a nostro padre, a nostra madre, alla nostra intera famiglia, ai nostri fratelli e agli amici, al cane, al gatto, al topolino di campagna, al fiore della foresta, al muschio, agli alberi, al mare, alle stelle, e così via. Dobbiamo ricordarci che siamo una grande famiglia e che ogni cosa è interdipendente e in dialogo. Il canto del cosmo è una narrazione vicendevole; e anche la poesia della nostra anima contribuisce a questo dialogo.

In fisica quantistica l’entanglement è il principio secondo il quale se due universi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due universi distinti, ma in qualche modo, ne diventano uno unico. In altri termini, quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce. A proposito di ciò sembrerebbe che questo fenomeno possa coinvolgere anche il mondo macroscopico e mentale: l’entanglement infatti ci dimostra che la fisica non serve solo per descrivere il mondo nella nostra esperienza sensoriale, ma anche per penetrare nei meandri di un mondo a noi invisibile, il quale sembra reggere da solo la struttura della realtà per intero.

Le nostre azioni possono quindi riverberare in tutte le nostre relazioni. Nell’incontro con le innumerevoli forme dell’altro, sia esso pianta, animale, umano, o spirito; ci trasformiamo, mutiamo ed evolviamo. Ogni cosa è correlata, così come i poli freddi e gelati contribuiscono all’ecosistema più grande della Terra, dobbiamo ricordarci che se ci prendiamo cura di un fiore, forse possiamo farlo allo stesso modo di una stella lontana nella galassia. Come ci ricorda Sogyal Rimpoche «la scienza moderna parla di una straordinaria varietà di interrelazioni. Gli ecologisti sanno che un albero che brucia nella foresta amazzonica altera in qualche modo l’aria respirata da un abitante di Parigi, e che il fremito d’ala di una farfalla nello Yucatan influisce su una felce nelle isole Ebridi»**. Se ci prendiamo cura delle nostre emozioni faremo bene allo stesso modo anche ai ghiacci dei poli. Tutto questo è possibile grazie alla cura non solo delle nostre emozioni, ma anche attraverso le nostre azioni consapevoli. L’azione consapevole cambia il mondo.

E così ci rimettiamo in cammino…
al prossimo viaggio…

Alberto Fragasso

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Note:

* Teodorati 2007, p.17, in Gioacchino M. Pagliaro, Intenzionalità di Guarigione, la mente e la cura nel mondo dei quanti. p.47.

** Sogyal Rimpoche, Il Libro Tibetano del Vivere e del Morire, Ubaldini, 2014.